Quante definizioni abbiamo per il concetto di energia? Si tratta di una disambiguazione non da poco. Alcuni pensano subito alla capacità insita in ognuno di noi di attivarci per produrre un lavoro. Altri pensano a quella non precisata forza grazie alla quale, ad esempio, permettiamo ad un veicolo di metterci in movimento. Altri ancora, sforzandosi di ricorrere immediatamente alla definizione data dalla Fisica, hanno la fortuna di chiudere il cerchio: l’energia è la capacità di un sistema (uomo o macchina) di compiere un lavoro (Joule, J). Estendendo la definizione, possiamo ritenere quest’ultimo come il calore (caloria, cal) prodotto dalla forza (1 Newton, N) che applicata ad un punto materiale ne causi il movimento ( lavoro-energia-calore sono concetti interscambiabili; il lavoro si esprime con un numero reale dato dal prodotto scalare di due vettori: forza e direzione).

Quindi l’energia è dentro di noi e l’energia è attorno a noi. La fonte primordiale è l’enorme quantità di calore sprigionatosi con il big bang. Se mangio un insalata di lattuga, so bene che sto immagazzinando quelle stesse calorie (energia termica) che la pianta ha immagazzinato per mezzo dell’esposizione ai raggi del sole, che brucia fin da allora. Viceversa, se scindo o faccio bruciare un minerale in una centrale non faccio che riconvertire in energia termica tutta l’energia che il minerale ha immagazzinato quando, a partire da un isotopo dell’elio, la materia ha iniziato ad aggregarsi!

Esiste un bilancio. Si tratta di un bilancio su cui abbiamo avuto grossi margini. Forse volevamo crederci, ma non erano affatto margini infiniti! Se la nostra scelta è utilizzare i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas), noi non produciamo energia, ma la riconvertiamo, e ciò ci ha portato a conseguenze in termini di quantità (delle risorse) e soprattutto di qualità (dell’ambiente). Il vero modo di produrre energia è utilizzare altre fonti: le chiamiamo fonti rinnovabili, perchè, nel loro caso, il margine è infinito! La loro disponibilità non cessa perchè utilizzano la forza degli elementi (eolico, idroelettrico, solare -le quali sono anche energie pulite in quanto ad emissioni zero-) oppure derivano da ciò che scartiamo o da qualcosa che possiamo ricavare senza ledere risorse accessorie (bioenergia).

L’energia è tutta intorno a noi. Se alzo una penna al di sopra della mia testa, le sto dando un pò dell’energia termica che ho dentro di me sotto forma di energia potenziale e, se la lascio cadere, la sua diventa tutta energia cinetica! La tecnologia, e l’ingegno, ci permettono ampiamente di ricavare l’energia in maniera alternativa e sostenibile.

ENERGIA ELETTRICA: FORME DI PRODUZIONE

Il concetto di energia, come la sua fonte primaria, è unico e solo. Possiamo, però, operare una differenziazione in base alla forma con la quale essa si presenta.

Per la piena comprensione dell’energia elettrica, occorre puntualizzare alcuni concetti scientifici relativi alla fisica dell’elettromagnetismo.

Tecnologicamente usiamo produrre energia elettrica utilizzando energia termica. Ciò non è valido in assoluto, in quanto abbiamo imparato in questo senso ad utilizzare anche l’energia degli elementi naturali (sole, acqua, vento), e l’energia atomica (che è comunque una sottoforma di energia termica). I principi alla base dei congegni deputati alla produzione di elettricità sono l'”effetto dinamo” e l’effetto fotovoltaico. Il primo non è che un applicazione dei principi dell’elettromagnetismo e, indipendentemente dalla fonte, si applica mediante l’utilizzo della dinamo o alternatore; il secondo utilizza l’energia fornita dalla radiazione solare, e si applica mediante l’utilizzo della cella fotovoltaica.

Abbiamo tutto per comprendere e analizzare le principali fonti di produzione sostenibile.

ENERGIA ELETTRICA: DISTRIBUZIONE

Un problema successivo alla produzione riguarda il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica. Sappiamo che la produzione è deputata ad impianti di carattere sia industriale che domestico. Nel primo caso, e per eventuali eccedenze al fabbisogno anche nel secondo, l’energia elettrica viene convogliata nelle reti di trasporto. Si tratta di infrastrutture primarie e secondarie, il cui funzionamento si basa su due elementi:

  • gli elettrodotti;
  • i trasformatori.

Le centrali elettriche, per esigenze di natura costruttiva, producono corrente alternata (AC) a media tensione (10-25 kV). Trasportare l’energia elettrica dal punto in cui viene prodotta fino all’utenza richiede una percorrenza molto estesa attraverso linee di cavi sospesi (o sotterranei), chiamati elettrodotti. Più è alta la tensione della corrente in transito lungo un cavo, minori sono le perdite per effetto Joule (cioè per trasformazione in calore): per cui si preferisce convogliare negli elettrodotti AC ad alto voltaggio (fino a 400 kV) mediante l’utilizzo dei trasformatori.

I trasformatori possono funzionare in due modi: “in salita” elevano la tensione, “in discesa” la fanno diminuire. La prima modalità viene utilizzata per consentire il trasporto nella rete di elettrodotto primaria, la seconda viene utilizzata a partire dalle sottostazioni (cabine) da cui dipartono le reti secondarie per la distribuzione. Nelle cabine primarie si ha la trasformazione da alta tensione (AT) a media tensione (MT); nelle cabine secondarie la AC-MT viene trasformata in bassa tensione (BT). Il valore tipico di tensione con il quale viene servita un’utenza domestica è pari a “soli” 220 V.

FOCUS: L’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

Abbiamo visto che, per usufruire dell’energia elettrica, abbiamo bisogno di centrali, elettrodotti e sottostazioni varie. L’inquinamento di produzione, relativo alla centrale, possiamo risparmiarcelo costruendo impianti che si alimentino mediante fonti di energia rinnovabile (dimentichiamoci, una volta per tutte, delle centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili -sarebbe ora-). Dobbiamo, però, fare attenzione ad un tipo di inquinamento che pur non alterando la composizione atmosferica investe direttamente gli organismi: l’inquinamento elettromagnetico.

Il nocciolo della questione è questo: l’energia elettromagnetica ha la forma di un onda e, come tale, ha una forma di incidenza con le molecole organiche. La radiazione solare, ad esempio, in riguardo alla lunghezza d’onda corrispondente alla radiazione ultravioletta (UV), è capace di creare un danno ai nostri organismi. Allo stesso modo, le onde elettromagnetiche relative ad un apparecchio di telecomunicazione, oltre a quelle più potenti dei sistemi di localizzazione, sono potenzialmente dannose. Il “potenzialmente” dipende da quanto lunga e frequente sia l’esposizione, e da quanto sia potente la fonte di emissione. Ad esempio, dal mondo della telefonia (e quindi dalla banda dello spettro elettromagnetico relativo alle radiofrequenze -RF-) abbiamo imparato a stabilire dei limiti in termini di SAR (acronimo di Specific Absorption Rate), definito come la quantità di energia elettromagnetica che viene assorbita nell’unità di tempo da un elemento di massa unitaria di un sistema biologico (J/s*kg=W/kg).

La domanda nel nostro caso è: il campo elettromagnetico degli elettrodotti che trasportano corrente elettrica ad alta tensione può esserci nocivo se ne siamo costantemente esposti? La risposta è , e l’unico modo per difenderci è adottare adeguate misure di distanziamento. Ciò non vuole assolutamente dire che sia in qualunque modo pericoloso transitare nei pressi di un elettrodotto, bensì che, per evitare esposizioni costanti, non è auspicabile individuare fabbricati residenziali nelle immediate vicinanze di elettrodotti e/o cabine di trasformazione. Questo è impedito dalla normativa italiana: